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Per Valle

Aggiornamento: 9 apr 2020

*Serena Pacifico. Presidentessa dell'Azione Cattolica della parrocchia di Valle

È una sfida forte, quella che ci è toccata, come cittadini e come comunità, come cattolici e come italiani. Una sfida che nonostante tutto non deve spegnere il nostro coraggio, la nostra speranza che tutto andrà bene, domani.


Giovani, bambini, adulti e anziani, ognuno di noi è intimamente toccato dalla paura di questo nemico di cui non si conosce il volto e che non ci permette, ancora, di abbatterlo; tuttavia è contro questo nemico che bisogna lottare e bisogna farlo soprattutto rispettandosi e rispettando quelle regole che, di certo, non sono fatte per farci del male ma solo per aiutarci a venirne fuori.


L’Azione Cattolica, da anni ormai, è parte viva e pulsante della comunità di Valle, è una realtà che non perde i colori e la luce in questo momento ed anzi, se possibile, sembra brillare ancora di più.


Chiedetelo ai nostri giovanissimi come si fa a resistere e a stare a casa, chiedetelo ai loro animatori che con costanza ed impegno fanno in modo che nessuno di loro si senta solo, abbandonato.


Chiedetelo ai più piccoli dell'acr come si fa a disegnare un arcobaleno, senza vederlo, e alle educatrici che fanno sentire la loro presenza ai genitori, ogni giorno, perché nessuno resti indietro.


Siamo in un'era che ci permette di 'abbracciarci' anche a distanza, nell'era del digitale che ci tiene in contatto anche se siamo in due punti diversi della stessa città, sotto lo stesso cielo.


Ed è così che si affronta, oggi, la paura del coronavirus: guardandosi negli occhi attraverso uno schermo, parlandosi e ridendo, facendo gruppo, poiché laddove non c'è contatto fisico, sicuramente, arrivano le parole. Proprio in assenza di vicinanza, nella mancanza di una carezza, non dobbiamo farci togliere il sorriso: quel sorriso che il nostro sacerdote - Don Marcello Cannavale - ci incoraggia a mettere su ogni mattina insieme ai suoi messaggi di speranza, e pazienza.


C'è una cosa che possiamo imparare, da questi giorni di penitenza, cioè la bellezza dell'attesa, un'attesa che è nuova, diversa, profonda, un'attesa che mette in allerta tutti i nostri sensi, dal tatto al gusto, dalla vista all'olfatto, perché ci dà una grande opportunità; quell'attesa che quando avrà fine ci permetterà di saper rendere grazie di tutte le ricchezze che non sapevamo di avere e non sapevamo apprezzare: gli occhi di un nonno che ti guardano, la mano di una mamma che ti accarezza il viso, le passeggiate all'aria aperta insieme alla tua bambina.


Sapremo rendere grazie, allora, ma fino a quel momento facciamo in modo che ogni sforzo non sia vano e se proprio vogliamo dirci quanto ci amiamo abituiamoci a chiamare chi ci manca, perché niente è scontato nemmeno un ti voglio bene.

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